Donne nel medioevo

Giovanna D’Arco, l’abito e l’habitus (parte II)

di Giulia Bordonali / pubblicato il 3 Agosto 2014

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Gli autori contemporanei, i testimoni del processo di riabilitazione e il clero di Poitiers: una donna “capitano di guerra”

Nel 1429, molti dei contemporanei di Giovanna d’Arco la consideravano come un capo militare: Carlo VII aveva al suo seguito una santa ispiratrice, ciò destava grande meraviglia. Françoise Michaud-Fréjaville nel suo saggio “Jeanne d’Arc, dux, chef de guerre”[47] prende in esame, tra il 1429 e il 1456, diciotto trattati a favore della Pulzella, che hanno in qualche modo trattato o evitato di trattare la figura di Giovanna in chiave militaresca, argomento su cui sarebbero poi tornati i giudici nel corso del processo di condanna, accusandola di essersi elevata con orgoglio e presunzione al di sopra degli uomini: “ti rendi colpevole di vano orgoglio”.[48] I giudici si rifacevano al fatto che la Pulzella aveva violato l’ordine umano e naturale mettendo se stessa su un piano superiore rispetto a chi la precedeva sul piano sociale, come i nobili e i capitani, incorrendo così nell’accusa di presunzione.

Gli autori considerati hanno provveduto a tralasciare quanto più possibile nei loro scritti il ruolo di Giovanna come capo militare. Questo è un chiaro indicatore del sentimento di imbarazzo che provavano gli uomini di Chiesa di fronte ad una situazione che non aveva dei precedenti nella Storia e che, per il momento, non ha avuto successori, designandosi come  unica.

Jacques Gélu, arcivescovo prima di Tours, poi di Embrun, che scrive nel periodo antecedente alla cattura della Pulzella, alla domanda di Carlo VII, che gli chiedeva il suo parere sul fatto che Giovanna fosse o meno inviata da Dio, suddivise la sua risposta in diverse parti che interessano argomenti collegati ai temi centrali del lavoro che ho scelto di redigere: ovvero l’abito, il sesso femminile ed il genere.

Gélu afferma infatti che Dio può anche decidere di delegare al sesso femminile ciò che è di norma prerogativa del sesso maschile, fa una piccola digressione sulle profetesse femmine per poi giungere alla conclusione che Dio, che giammai commette errori, può decidere di cambiare l’ordine naturale secondo i suoi desideri.[49] Tuttavia, se questo ordine particolare non proviene da Dio, il soggetto che lo compie va contro le leggi dell’ordine naturale, peccando così di presunzione. Questa è esattamente una delle accuse che vengono presentate alla Pulzella nel corso del processo di condanna a Rouen. A peggiorare le cose, inoltre, in quell’occasione Giovanna in una delle numerose risposte date ai giudici sulla questione dell’abito, rispose che se lo sarebbe tolto volentieri, ma solo quando glielo avesse ordinato Dio.

Anche un altro trattatista che, come Gélu, scrive prima dell’incarcerazione della Pulzella, il teologo Jean Gerson, parla della particolare situazione  creatasi in conseguenza delle scelte di vita di Giovanna, affermando che la guerra per rendere ad un sovrano legittimo il suo regno è senz’altro parte del progetto divino; tuttavia il religioso insiste sul carattere del tutto eccezionale della vicenda. Il sovvertimento dei ruoli uomo-donna è sicuramente presente, afferma Gerson, ma si tratta di un caso unico, e Giovanna non è l’eroina che è al centro del disegno di Dio, ma semplicemente la sua “Porta-stendardo”, ruolo che la relega ad una posizione marginale, di ausiliaria. Gerson sostiene quindi che gli avvenimenti che si erano svolti in seguito alle azioni della Pulzella non erano tutto sommato così straordinari od impossibili: si aveva già un antecedente nelle Scritture, rappresentato dalla figura e dalla vicenda emblematica della profetessa Deborah, della quale parlerò più avanti. Tuttavia il teologo non poteva ignorare certe sottigliezze, come il fatto che Deborah fosse già una profetessa riconosciuta, non sorta dall’ignoto e che era stata lei a convocare Baraq per rendergli noto il volere di Dio, non viceversa.

Come si è appena visto quindi, i teologi ed i trattatisti hanno cercato di stendere un velo sulla vicenda di Giovanna come capo militare, tentando tuttavia,  sulla base delle loro competenze, di dare una spiegazione a comportamenti ed avvenimenti così inusuali come quelli che Giovanna aveva concretizzato.

A questo riguardo è  interessante anche il caso del cronista Thomas Basin (1453), che tralascia a sua volta tutto ciò che pertiene l’argomento militare per tornare al discorso dell’abito maschile, osservato da un’ottica differente rispetto agli autori citati precedentemente. Egli afferma infatti che l’abbigliamento assunto da Giovanna per ordine di Dio aveva il fine di proteggere la virtù della ragazza, ed anche quello di evitare la concupiscenza degli uomini che la circondavano.[50]

La stessa cautela si registra nel teologo Robert Ciboule e nel domenicano ed inquisitore di Francia Jean Bréhal, che fu tra coloro che giocarono un ruolo fondamentale nel processo di riabilitazione dell’eroina. Entrambi tuttavia contrappongono agli argomenti a sfavore della Pulzella, come l’aver portato delle armi offensive e l’essersi mescolata ai soldati, la giustezza dell’uso delle armi offensive come risposta ad un’oppressione ingiusta. Giovanna non avrebbe fatto altro, secondo loro, che seguire i più nobili esempi biblici. [51]

Come modello di figura femminile ispirata, gli autori citati scelgono Deborah, paragonando la sua storia a quella di Giovanna. Nel “Libro dei Giudici”, Dio abbandonò il popolo di Israele a causa delle sue colpe, lasciandolo soffrire sotto l’oppressione dei Cananei; dopo una tirannia durata vent’anni, la profetessa Deborah si presentò a Baraq e gli disse che Dio aveva ordinato di raccogliere degli uomini, poiché la vittoria era certa su Sisera, re dei Cananei. Come predetto, Baraq ed i suoi uomini sbaragliarono i nemici. Proprio come Deborah quindi, Giovanna è ispirata da Dio nel compiere le sue azioni (almeno secondo il giudizio della fazione degli Armagnacchi, i sostenitori di Carlo VII), e come Deborah accompagnava i soldati sul campo di battaglia. A questo punto tuttavia, le somiglianze si interrompono bruscamente e sorge l’imbarazzo degli uomini di Chiesa nel far rientrare la Pulzella almeno nel paradigma biblico, dato che quello dell’ordine naturale le stava palesemente stretto. Infatti Deborah non ebbe un ruolo attivo nelle Scritture; certo, annunciò a Baraq la parola di Dio, ma non ricoprì alcun ruolo militare, non portò armi e seguì l’esercito su esplicita richiesta di Baraq, al quale è affidato il vero ruolo attivo della vicenda.

Jean Bréhal, Martin Berruyer, vescovo di Mans  ed Elie de Bourdeilles arcivescovo di Tours preferiscono citare invece un frammento dal “Libro dei Giudici” nel quale Deborah viene chiamata “Madre di Israele”, piuttosto che rievocare la scena della marcia della profetessa con Baraq.  E’ chiaro che il ruolo di madre sta stretto a Giovanna, tuttavia la rievocazione della presa di coscienza del popolo dopo l’appello alla riscossa di una donna ispirata da Dio le calza a pennello.

Robert Ciboule tenta a sua volta di legittimare le azioni della Pulzella, cercando di dimostrare che ella non ha agito contro l’ordine naturale voluto da Dio. Rifacendosi nuovamente all’esempio di Deborah, il teologo, soffermandosi solo di sfuggita sul ruolo virile che Giovanna dovette interpretare, cita l’Antico testamento, affermando che Deborah non aveva esitato a prendere le armi e ad indossare abiti maschili per svolgere il compito assegnatole da Dio. L’abbigliamento di  Giovanna, di conseguenza, non ha in sé nulla di biasimevole. La certezza di Ciboule nel sostenere questa tesi è tuttavia una sua prerogativa, nessun altro avrebbe preso una posizione così netta.

In conclusione, sulla base di quanto asserito, possiamo dire che le perplessità dei giudici di Rouen si rispecchiano anche negli autori favorevoli alla Pulzella e perfino nei giudici del processo di riabilitazione. E’ palese che il ruolo che Giovanna aveva scelto di ricoprire aveva in sé delle ambiguità difficilmente giustificabili agli occhi degli ecclesiastici; la trasgressione dei ruoli tradizionali era una particolarità che non aveva dei precedenti concreti né nella storia né nelle Scritture. Il processo di riabilitazione venne di conseguenza costruito tenendo conto di questi presupposti: Giovanna non è una donna forte, che trascende i ruoli tradizionali pur di salvare il regno cristiano di Carlo VII, ma piuttosto una innocente condannata da un tribunale corrotto. Gli uomini di Chiesa scelsero quindi di tacere gli aspetti militari della vita della Pulzella, che tuttavia ci sono noti grazie alle testimonianze dei suoi compagni d’armi al processo di riabilitazione. Un esempio a questo proposito è costituito dal Duca d’Alençon, che testimoniò che “In tutta la vita, fuorché ciò che riguardava la guerra, era semplice e bambina; ma nelle faccende di guerra era espertissima, tanto nel maneggiar la lancia quanto nell’ordinar l’esercito in battaglia e nel preparare l’artiglieria. Tutti erano meravigliati vedendola agire, in questioni militari, come avrebbe agito un capitano dopo venti o trenta anni di pratica. Soprattutto si comportava bene nel preparare l’artiglieria”.[52] Un’altra testimone significativa, perché donna e direttamente estranea ai fatti d’arme, rimasta comunque colpita dalla competenza militare di Giovanna, fu Margherita La Touroulde, moglie del consigliere di re Carlo VII in materia di finanze, Renato di Bouligny, la quale affermò: “ Per quanto mi consta, era di estrema ingenuità, eccetto che nel maneggiar le armi, perché la vidi cavalcare e portare la lancia come avrebbe fatto il soldato più esperto. Di questo si meravigliavano anche gli uomini d’arme”.[53] Vi è poi un altro testimone interessante per il fatto di essere stato  uno degli ecclesiastici che interrogarono la Pulzella a Poitiers, dopo che si era presentata all’allora Delfino per chiedere che gli fossero dati degli uomini d’arme per cacciare gli Inglesi. Si tratta di Seguin Seguin, il quale a differenza degli autori già presentati, non eluse le questioni militari legate alla persona di Giovanna, anzi, durante il processo di riabilitazione riferì che, nel corso dell’indagine di Poitiers, un tale Maestro Guglielmo aveva ammonito la ragazza, dicendole: “ Hai detto che la voce diceva che Iddio vuol liberare il popolo di Francia dalle calamità in cui si trova. Se egli vuol liberarlo, non è necessario che ci siano degli uomini d’arme”. Al che Giovanna avrebbe risposto: “In nome di Dio gli uomini d’arme combatteranno e Dio darà loro la vittoria”.[54]

Vi è anche un altro aspetto interessante riguardo all’ indagine di Poitiers: l’abito da uomo fu un motivo di interesse anche per questi uomini di Chiesa, esattamente come interessava gli autori citati e come avrebbe interessato Cauchon e i suoi colleghi a Rouen. Anche questi ecclesiastici si soffermarono ad analizzare le precorritrici di Giovanna, presenti nelle Scritture o nella Storia. Anche se in effetti vi erano stati, oltre alla già citata Deborah, dei casi analoghi, come santa Margherita (una delle “voci” che consigliavano la Pulzella) e santa Marina, che nell’Egitto dell’VIII secolo aveva vissuto in totale castità in un monastero maschile, ciò non toglie che comportamenti simili fossero quantomeno inusuali, se non addirittura scandalosi.[55] La fanciulla tuttavia, non intendeva limitarsi, come le donne che l’avevano preceduta, a fare profezie e stare in disparte, lei intendeva prendere parte attiva agli avvenimenti che avrebbero portato a realizzare le profezie che aveva annunciato.[56] E’ chiaro che, fin da Poitiers, la gerarchia ecclesiastica malgrado in quel caso specifico fosse favorevole alla causa degli Armagnacchi ed avesse, in ultima istanza, approvato l’operato di Giovanna, considerava con una certa preoccupazione comportamenti e scelte come quelli attuati dalla Pulzella che rischiavano di stravolgere l’ordine naturale che voleva le donne silenziose, modeste ed in disparte.[57]

Le raffigurazioni di Giovanna D’Arco dal XVI al XIX secolo[58][59]

giovanna d'arco

Fig. 1, primo ritratto a penna della pulzella

Tutte le immagini di Giovanna in nostro possesso sono opere di fantasia; delle opere contemporanee non abbiamo che uno scarabocchio del  cancelliere Clément de Fauquembergue, il quale il 10 maggio 1429  aveva riportato che i partigiani di Carlo VII avevano preso Orléans e si era divertito a vergare a margine della pagina un ritratto immaginario della Pulzella – difatti non l’aveva mai vista. Giovanna indossa una veste femminile lunga, ha lo stendardo nella mano destra, mentre la mano sinistra poggia sull’elsa della spada.[60] Come si può notare, la Pulzella non indossa gli abiti maschili, che come già detto portava a Vaucoleurs, né i capelli corti, che l’avevano caratterizzata fin dagli inizi della sua missione.

Una delle prime immagini pubbliche di Giovanna d’Arco è un monumento che la rappresenta come una guerriera in preghiera, in un gruppo monumentale eretto non sull’antico campo di battaglia, ma sul ponte della città di Orléans, visibile da tutti i punti elevati. Non si conosce l’anno esatto della sua edificazione, ma si ritiene successivo al 1502. La Vergine Maria è raffigurata eretta ai piedi della croce, più tardi furono aggiunte da una parte e dall’altra due figure in preghiera, entrambe in armatura ed inginocchiate: Giovanna e Carlo VII. Dalla descrizione non traspare altro particolare riguardo ai dettagli fisici della Pulzella. L’unica informazione che si desume è che l’eroina era raffigurata come una guerriera in armatura.

Giovanna D'Arco Rubens

Fig. 2, “Giovanna D’Arco”, di P.P. Rubens

Un’altra raffigurazione significativa di Giovanna è il quadro di P.P. Rubens del 1620, che la rappresenta con capelli fluenti color rame, con indosso un’armatura lucente che nulla toglie all’atteggiamento umile della giovane donna in preghiera. Possiamo notare, in questo quadro, elementi di mascolinità come l’armatura completa di guanti ed elmo uniti ad una certa grazia femminile che traspare dall’immancabile chioma fluente caratteristica – che, come già detto, non corrisponde alla realtà storica, poiché il fatto di portare i capelli corti era una caratteristica peculiare di Giovanna, rinfacciatale nel corso del processo di condanna. 

Occorre sottolineare che nel XVIII secolo cominciò ad essere reso noto il testo del processo di condanna, quindi emerse la profonda contrarietà dimostrata allora dai giudici nei confronti dell’abito maschile; ma non tutti gli artisti decisero di tenerne conto nelle loro opere.[61]

Un’ altra opera interessante è la rappresentazione di Giovanna che fa Marie duchessa di Württemberg, figlia del re Luigi Filippo verso il 1837. In questa statua l’artista rappresenta la Pulzella con i capelli corti, racchiusa in una pesante armatura che tuttavia termina con una gonna, a differenza del ritratto di Rubens, in cui la vediamo in armatura completa, priva di gonna. Nella raffigurazione della duchessa l’eroina in preghiera tiene in mano una spada quasi fosse una croce, con gli occhi chiusi e la testa leggermente reclinata in avanti. L’artista introduce quindi nell’iconografia di Giovanna il tratto più realistico dei capelli corti, richiamando comunque l’idea della femminilità facendo terminare l’armatura con una gonna.

Fig. 3, “Giovanna D'Arco all’ incoronazione di Carlo VII” di Jean-Auguste-Dominique Ingrés

Fig. 3, “Giovanna D’Arco all’ incoronazione di Carlo VII” di Jean-Auguste-Dominique Ingrés

Significativa è anche l’opera di Ingrés, che nel 1854 raffigura la Pulzella in un quadro con una gonna lunga che le nasconde parzialmente le gambe, comunque coperte dai cosciali della corazza, dettaglio che la rende presentabile alle ragazze dell’alta società dell’epoca. I capelli sono lunghi, raccolti in una coda, nella mano destra stringe lo stendardo, mentre la sinistra poggia sull’altare. Anche in questo caso si può notare che si riscontra una femminilizzazione di Giovanna, sempre rappresentata  con capelli lunghi e gonna che copre pudicamente le gambe. Si nota anche una certa sacralizzazione dell’eroina, rappresentata con gli occhi rivolti al cielo e l’aureola.

Occorre fare una precisazione riguardo all’ iconografia di Giovanna d’Arco; fino al 1837, anno che segna la rivoluzione della raffigurazione contraddistinta dalla già citata opera di Marie d’Orléans, si seguono due modelli: il primo è esemplificato in un monumento in bronzo del sedicesimo secolo situato sul Ponte des Tourelles, raffigurante la Pulzella di profilo, priva di elmo e inginocchiata, rivestita dell’armatura. Possiamo notare una certa mascolinità nel viso e nell’abbigliamento, il fatto che si tratti di una donna è tradito solo dal capo privo di elmo che lascia vedere i lunghi capelli.

Fig. 4, “Jeanne des echevins”, 1581

Fig. 4, “Jeanne des echevins”, 1581

Il secondo modello è dato da “Jeanne des échevins” (1581), presso il Musée Historique et Achéologique d’Orléanais. Nel quadro Giovanna è raffigurata con un berretto piumato, legato sotto il mento da un nastro, con un vestito a vita alta, la mano destra stringe una spada rivolta verso l’alto, nella sinistra, curiosamente, stringe un fazzoletto. Nella raffigurazione l’aspetto guerriero è praticamente assente, salvo la presenza della spada, per il resto la Pulzella è rappresentata interamente come una donna molto femminile, con i capelli lunghi, che indossa un vestito secondo la moda dell’epoca.

Sulla base di questo quadro sono state fatte diverse imitazioni nel corso del Romanticismo. L’aspetto fisico di Giovanna e la sua rappresentazione iconografica seguono, secondo i tempi, le mode. Il suo aspetto è sempre più femminilizzato, e dopo la Rivoluzione Francese porta sempre, più che la spada, la bandiera, simbolo dell’orgoglio nazionale.

Fig. 5, Disegno di Gois figlio[62], inciso da C. Normand, 1803

Fig. 5, Disegno di Gois figlio[62], inciso da C. Normand, 1803

Questo si vede molto chiaramente dalla fig. 5, nella quale si riconoscono alcuni elementi presenti nel quadro di “Jeanne des échevins”, specialmente per quanto riguarda il berretto piumato e la scollatura quadrata.

Negli anni trenta dell’ 800 la figura di Giovanna non subì dei cambiamenti significativi, nonostante gli storici avessero ripreso in mano le fonti storiche pertinenti. Come già accennato in precedenza, un cambiamento fondamentale si ebbe con l’opera di Marie d’Orleans (fig. 6), la cui statua di marmo, straordinariamente moderna,  fu posta nel palazzo di Versailles nel 1837. Quest’opera si caratterizza per la semplicità e l’armonia delle linee; a differenza delle rappresentazioni che la precedono, non ha nessun fronzolo, e l’immagine della Pulzella che ne scaturisce, vestita semplicemente dell’armatura, a capo scoperto e con i capelli corti, mentre prega stringendo la spada come se fosse una croce, è sicuramente più vicina alla realtà storica delle rappresentazioni che la precedono.

E’ significativo secondo me sottolineare che non abbiamo ritratti coevi della Pulzella, a parte il già citato schizzo del cancelliere (fig. 1). Lei stessa, nel corso del processo di condanna, alla domanda dei giudici: “Hai visto oppure visto fare ritratti della tua persona?” rispose : “Ad Arras ho visto un dipinto fatto da uno scozzese; mi aveva raffigurata tutta armata, mentre porgevo una lettera al mio re, con un ginocchio a terra. Non vidi mai, né vidi fare altri ritratti”.[63] Parlando dell’opera che la raffigura tuttavia Giovanna non specifica se si trattasse di un dipinto più o meno fedele ai tratti fisici della sua persona, quindi non si può stabilire, a parte il dettaglio della raffigurazione dell’eroina armata, quanto fosse fedele alla realtà.

Fig.6, la statua di Marie D'Orleans

Fig.6, la statua di Marie D’Orleans

Régine Pernoud, riguardo all’abbigliamento dell’eroina, afferma che “(…) Giovanna amava i begli abiti, ma (…) non era una virago del genere –maschio mancato- , ma una donna preoccupata della sua figura”. Riguardo all’iconografia asserisce invece: “Fino a poco tempo fa, Giovanna non doveva minimamente –scioccare-, pur portando l’abito maschile e il più delle volte l’armatura: quest’ultima era ricoperta da una veste; quanto alla capigliatura, una donna doveva avere i capelli lunghi e Giovanna infatti è così che viene rappresentata”.[64]

Si può in definitiva affermare che, non avendo riscontri precisi sull’aspetto fisico di Giovanna, a parte qualche vaga notizia che si può ricavare dalla testimonianza del suo attendente Jean d’Aulon negli atti del processo di riabilitazione “ (…) giovane, bella e ben formata”[65], tutti gli artisti citati e molti altri diedero la loro personale visione dell’aspetto dell’eroina. Questa visione corrispondeva, nella maggioranza dei casi, alla moda dell’epoca nella quale un determinato artista viveva e al modo in cui  veniva presentato il sesso femminile. Come si è potuto riscontrare, l’unico ritratto che si avvicina alla realtà storica è l’opera di Marie d’Orleans, ma la maggior parte delle opere che ritraggono la Pulzella la raffigurano come una perfetta rappresentante del genere femminile, tralasciando completamente l’ambiguità che i giudici di Rouen le avevano rinfacciato (anche quando avrebbero potuto consultare le trascrizioni del processo e farsi un’idea più precisa di chi stavano ritraendo) e che avrebbe concorso, insieme ad altri fattori a determinare la morte di Giovanna sul rogo.

Conclusione

Nel corso di questo lavoro,  si è cercato di far luce su alcuni aspetti meno noti di Giovanna d’Arco grazie alla compilazione di alcuni autori, in special modo Susan Crane, che ha dato lo stimolo principale per la scrittura di questa tesi di laurea,  ma anche Françoise Michaud- Fréjaville, Régine Pernoud e Franco Cardini,  passando dal problema dell’abito e del genere ad altri argomenti più  familiari, come quello dell’ iconografia. Per quanto riguarda le fonti, ho cercato di utilizzare, ogni volta che mi è stato possibile, quelle primarie, costituite dalla voluminosa mole degli atti del processo di condanna e di quello di riabilitazione. Inoltre  ho esaminato, attraverso gli studi compiuti in proposito dalla studiosa  Michaud- Fréjaville le testimonianze degli autori contemporanei a Giovanna d’Arco, cercando di estrapolare alcune idee che mi aiutassero a contestualizzare meglio e a comprendere la strana anomalia costituita all’epoca da una donna che, deviando dalla norma femminile,  diventava cavaliere e cortigiano. A questo proposito ho ripreso gli studi di Michaud- Fréjaville citando autori contemporanei a Giovanna come Jacques Gélu, Jean Gerson, Thomas Basin, Robert Ciboule, Jean Bréhal, Martin Berruyer e Elie de Bourdeilles.  Ho poi analizzato alcuni autori che si riallacciano al nuovo campo di studi costituito dai Queer Studies, per meglio comprendere  quali meccanismi hanno portato la Pulzella a prendere determinate decisioni per quanto riguarda l’abbigliamento e per quanto concerne l’identità di genere. Infine, sempre basandomi sugli studi di Michaud- Fréjaville, mi sono soffermata sull’argomento dell’iconografia.

Era chiaro fin dall’inizio che, pur utilizzando le fonti principali sulla vita della Pulzella, cioè i due processi che ne determinarono la condanna e la riabilitazione, alcune domande non avrebbero trovato risposta, specie quelle inerenti la  sessualità di Giovanna.

Rimane ad esempio non chiarito perché Giovanna avesse deciso di non voler lasciare l’abito maschile, anche a costo della vita, decisione che forse non può essere spiegata solo col timore delle guardie che la sorvegliavano mentre era in prigione. I Queer studies hanno permesso di ricostruire i processi sociali che si sono originati di fronte a qualcosa di così inconsueto per l’epoca, come una donna che veste e si taglia i capelli alla moda maschile, ma le motivazioni intime (se non quelle pratiche) che potrebbero aver spinto Giovanna a fare quella scelta rimangono misteriose.

I contemporanei della Pulzella, ecclesiastici e non, tentarono di riportare un modello così inconsueto, come quello costituito da una donna che dà ordini ai soldati, nei paradigmi del cosiddetto ordine naturale, equiparando la giovane alle sante e profetesse bibliche. Ma anche in questo caso non si spiega il motivo per il quale gli ecclesiastici che interrogarono Giovanna a Poitiers, pur dimostrando per il suo abito ed il suo atteggiamento mascolino lo stesso imbarazzo che sarà poi proprio dei giudici di Rouen, alla fine accordarono alla Pulzella la loro approvazione. L’iconografia, infine, permette di verificare in che modo gli artisti abbiano deciso di rappresentare la Pulzella nel corso dei secoli, ma ben pochi, anche nel caso in cui si fosse presentata la possibilità di consultare le testimonianze storiche al riguardo, rappresentarono la ragazza di Domrémy in modo da avvicinarsi il più possibile ad una descrizione fisica realistica, quanto piuttosto secondo le mode e gli stereotipi di un determinato periodo.

Giulia Bordonali

Giovanna D’Arco, l’abito e l’habitus (parte II) ultima modidfica: 2014-08-03T20:20:40+02:00 da Giulia Bordonali

Citazioni e riferimenti

[47]  Michaud-Fréjaville F., Jeanne d’Arc, dux, chef de guerre, Cahiers de recherches médiévales ei humanistes, 2005, pp. 189-197.

[48]  Rouen 1431, p. 155.

[49] Mémoires et consultations en faveur de Jeanne d’Arc, par les juges du process de rehabilitation, èd. Pierre Lanery d’Arc, Paris, 1889, pp. 579-580. cit. in Michaud-Fréjaville, Jeanne d’Arc, dux, chef de guerre, Cahiers de recherches médiévales ei humanistes, 2005, pp. 189-197.

[50] Opinio et consilium Thomoe Basini, Mémoires et consultations en faveur de Jeanne d’Arc, par les juges du process de rehabilitation, èd. Pierre Lanery d’Arc, Paris, 1889, cit. in Michaud-Fréjaville, Jeanne d’Arc, dux, chef de guerre, Cahiers de recherches médiévales ei humanistes, 2005, pp. 189-197.

[51] Consideratio Roberti Ciboule, ibid., pp. 374-375, cit. in Michaud-Fréjaville, Jeanne d’Arc, dux, chef de guerre, Cahiers de recherches médiévales ei humanistes, 2005, pp. 189-197.

[52] Pernoud R., Il processo di Giovanna d’Arco, verbali del processo di riabilitazione 1450-1456, pp. 144-145.

[53] Ibid., p. 115.

[54] Ibid., p.104.

[55]  Cardini F., Giovanna d’Arco, p. 49.

[56]  Ibid, p. 50

[57]  Ibid., p. 42.

[58]  Michaud- Fréjaville F., Images de Jeanne d’Arc: de l’orante à la sainte, Cahiers de recherches médiévales et humanistes, pp. 249, 257.

[59]  Michaud- Fréjaville F., Jeanne aux panaches romantiques,  Cahiers de recherches médiévales et humanistes, pp. 259-272.

[60]  Cardini F., Giovanna d’Arco, pp. 60-61.

[61] Michaud- Fréjaville F., Jeanne aux panaches romantiques,  Cahiers de recherches médiévales et humanistes, pp. 259-272.

[62] Figlio di Stefano Pietro Andrea Gois, statuario, disegnò una “Giovanna d’Arco” per la città di Orléans e morì nel 1836. Cit. in Filippo De Boni, “Biografia degli artisti: Volume unico”, Venezia 1840.

[63]  Rouen 1431, p. 65.

[64]  Pernoud R., Clin M-V., Giovanna d’Arco, pp. 307-308-309.

[65]  Pernoud R., Il processo di Giovanna d’Arco, verbali del processo di riabilitazione 1450-1456, pp. 155.

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