L’esistenza di un territorio facente capo al luogo di Settimo, forse scorporato dalla Squadra sottana1, è attestato sin dal XIV secolo, quando era dominio della famiglia Astolfi. A questa famiglia appartenevano Giacomo, Giovanni e Giovanprimo, che «il 1° luglio 1396 […] fecero vendita per 18mila fiorini di tutte le loro proprietà al Duca di Milano Gian Galeazzo Visconti»2 che le infeudò a Francesco Barbavara (a cui le avrebbe però confiscate sei anni dopo, per poi restituirgliele). Nello stesso periodo i luoghi di Gualdrasco e Zeccone, che risultano in seguito parte del vicariato, sono citati come caposquadra3, e quindi vanno esclusi da questo feudo.
Il 22 marzo 1413, dietro richiesta di Filippo Maria Visconti, duca di Milano e conte di Pavia, il Barbavara rinuncia al feudo, che viene rimesso nelle mani del suo signore. Durante il periodo di dominio diretto visconteo il castello del capoluogo svolge la funzione di villa signorile, facendo parte di una rete che comprende, tra gli altri, i castelli di Pavia e Belgioioso.
Il 17 febbraio 1432 il feudo viene alienato nuovamente con l’investitura di Malatesta di Pietramala, che ottiene il luogo e le proprietà di Settimo, con tutto il territorio e le giurisdizioni spettanti4. Il Pietramala, insieme al fratello Galeotto, rinuncia al feudo il 31 maggio 1441.
Il suddetto anno 1441 è una data importante per la storia di Settimo, perché segna l’inizio del lungo dominio dei Torelli, anche se al momento rimangono ancora controverse le questioni della data esatta dell’infeudazione e la sua dimensione territoriale, ovvero se comprendesse o meno il vicariato.
Secondo A. Ricotti il 21 giugno 1441 Guido Torelli veniva investito «del Feudo di Settimo con il suo Vicariato» con merum et mixtum imperium, dietro esborso di trentaduemila lire, e il 26 giugno acquistava, a parte, il feudo di Villareggio per sedicimila lire. Questa notizia sarebbe confermata in una lettera dell’11 agosto 1444 indirizzata al duca, nella quale Guido Torelli chiede di «havere per recomendato gli homini mey del vicariato de septimo», e quindi esimerli dalla «condempnatione per le strate». Tuttavia in due documenti fiscali di metà secolo Settimo e Villareggio risultano separati dal Vicariato, figurando come “terris diversis campanee”, e a questo riguardo notiamo che in un contenzioso avvenuto un secolo più tardi tra i Torelli e le autorità della città di Pavia per il pagamento di alcuni tributi, i magistrati pavesi affermano che nelle vendite del 1441 non era stato acquistato tutto il vicariato di Settimo, ma soltanto i luoghi di Settimo e Villareggio5. Date queste informazioni contrastanti, e non avendo reperito informazioni definitive a questo riguardo, la questione del possesso del vicariato a metà secolo rimane aperta.
È certa invece la dimensione territoriale del vicariato nel 1474, e quindi il dominio dei Torelli anche sulle terre contestate: nell’elenco per i contribuenti della tassa dei cavalli viene esplicitamente nominato il Vicariato di Septimo, e all’interno di esso il luogo di Septimo con le sue pertinenze; manca una citazione specifica degli altri luoghi facenti parte della circoscrizione, che però si possono ricavare per esclusione, giacché sono citati in dettaglio tutti i luoghi appartenenti alla circostante squadra sottana, oltre al vicino Parco nuovo. I luoghi comprendenti il vicariato dovrebbero essere dunque quelli che lo comporranno nei secoli seguenti, ovvero Bornasco, Corbesate, Gualdrasco, Misano, Settimo, Villareggio e Zeccone6.
Nell’estimo rurale del 1544 sono parte del vicariato i luoghi di Bornasco, Cascina dei Ragni, Corbesate, Gualdrasco, Misano, Settimo, Taroppio, Taroppino, Villareggio e Zeccone, e così anche nei calcoli di perticato di ogni comunità per l’estimo di Carlo V, dove la dimensione territoriale di tutto il vicariato risulta essere di 22.411 pertiche pavesi (ca. 17,24 km2)7.
Nei secoli XVII e XVIII il vicariato di Settimo è parte della provincia milanese, forse in seguito alla lunga causa che contrappose i Torelli, che volevano il vicariato nel ducato di Milano, e la città di Pavia, che intendeva invece mantenerlo incluso nel suo contado. Nella Relatione di Ambrogio Opizzone (1644) il vicariato risulta inquadrato nella pieve di San Giuliano, e questa dipendenza da Milano si prolunga ancora per poco più di un secolo,8 fino al 1756, quando «per meglio regolare i Confini tra il Territorio Pavese, e quello della Provincia del Ducato, e togliere l’incomodo delle pertinenze saltuarie» si decide il ritorno del vicariato di Settimo nella provincia pavese.9 Ritornato dunque nell’ambito pavese, in seguito alla riforma delle amministrazioni locali del 1757 l’antico vicariato viene ad identificarsi con la XIV delegazione.10
Unico tra i vicariati pavesi, la sua esistenza, seppur soltanto nominale, si prolunga per tutta l’Età moderna fin quasi alla fine dell’Ancièn Règime, ovvero fino al 1791, quando la XIV delegazione viene inquadrata nel VI distretto censuario della provincia di Pavia.11